Sapori d'Adriatico

Il versante orientale del tacco ha in serbo per noi numerosi altri incanti, per l’occhio come per il palato. Partendo da Lecce, capitale del Salento, si resterà conquistati dalla straordinaria eleganza del borgo, dalla sontuosità architettonica del rinomato barocco e dalla sensualità della pietra leccese.

L’influenza della dominazione spagnola pare essere stata determinante: c’è infatti chi è propenso a far derivare questa espressione del barocco dal plateresco iberico, l’inconfondibile stile ornato che fu anche esportato dalla Spagna nelle sue colonie sud-americane. Irrinunciabili sono la Piazza del Duomo e la Basilica di Santa Croce con l’adiacente Palazzo dei Celestini. Ma non c’è che l’imbarazzo della scelta fra gli oltre settanta edifici storici sei-settecenteschi, il Castello di Carlo V, i reperti della romanità e i musei. Ovunque, a Lecce, si possono gustare eccellenti primi piatti a base di tria (maltagliati di pasta fresca di solito preparata coi ciceri); sagne torte o 'ncannulate (lasagne ritorte); le squisite pucce, il pane alle olive cotto nei forni a legna (ma occhio ai denti, le olive non sono denocciolate!); e, ancora, la deliziosa ricotta al forno, i pasticciotti o i fruttoni: i primi di pasta frolla farcita di crema, i secondi con pasta di mandorle e ricoperti di cioccolato.

Scendendo verso Maglie, attraverseremo la Grecìa, un’area linguistica e culturale che comprende undici municipalità, tutte accomunate da un dialetto neo-greco, ormai in estinzione: il griko, altrimenti detto grecanico, duratura attestazione delle influenze ellefone del passato (magnogreche e bizantine). A Maglie siamo già nel territorio delle cosiddette Serre salentine, un’area collinare di modesta altitudine, da sempre dominio dei grandi latifondisti terrieri. Maglie ha un'interessante tradizione cioccolatiera e in agosto ospita il Mercatino del Gusto.

Procedendo nel cuore della Grecìa Salentina incontriamo Cutrofiano, terra di vini d’eccezione e di meravigliosi frantoi ipogei, nonché punto di riferimento per la lavorazione delle ceramiche. Giungiamo così nella zona compresa tra Scorrano, Botrugno e Poggiardo, ricchissima di vigneti e costellata di raffinate residenze padronali e masserie fortificate. Molte di queste oggi sono eccellenti cantine visitabili. Anche qui il Negroamaro è il vitigno di punta, pur mancando una Doc specifica.

Facendo rotta su Otranto, incroceremo Uggiano la Chiesa, cittadina dedita all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, una delle due Città del Pane di Puglia insieme con Laterza. Ci accompagnano nel viaggio distese di vivai di barbatelle, destinate alla viticoltura. Siamo a pochi passi dal capolinea, la ventosa Otranto che risuona di storia e di leggende. Come altri centri pugliesi, questa cittadina è stata messapica, magnogreca, romana, bizantina, normanna, sveva, angioina, aragonese… E spesso ingannata dal suo mare, come in quel tragico 1480 quando fu presa d’assedio dai Turchi. Capo d’Otranto (o Punta Palascìa), col suo bel faro, è il punto più a Oriente d’Italia e, per convenzione nautica, è il punto di separazione tra l’Adriatico e lo Ionio. Terra d’Otranto, del resto, era il nome che anticamente designava l’intera penisola salentina e parte della vicina Basilicata, sino alla Terra di Bari. E “Terra d’Otranto” è ancora il nome dell’olio a denominazione di origine protetta che comprende la provincia di Lecce e vaste porzioni del brindisino e del tarantino. Per gli amanti del mare e del diving, la costa a sud di Otranto è d’inaudita bellezza, per la pulizia delle acque come per il susseguirsi di fantastiche grotte marine che costituirebbero un itinerario a sé.

Procedendo verso sud incontriamo prima Minervino di Lecce, celebre in particolare per la “Taulata de San Giuseppe”, uno dei riti più popolari di tutto il Salento, dove la festa del papà assume una particolare sacralità religiosa e non consumistica, poi Tricase, cittadina nata tra il X e l’IX secolo dall’unione di tre casali. Sulla strada che conduce dal paese alla marina di Tricase-Porto incontriamo la chiesa rurale della Madonna di Costantinopoli, di forma ottagonale, detta anche “Chiesa dei Diavoli” perché, secondo una leggenda, fu costruita dai diavoli in una sola notte. A breve distanza dalla chiesa, attualmente murata e sconsacrata, ci troveremo di fronte ad un vero “dolmen vivente”, la quercia Vallonea, detta anche “dei cento cavalieri” per aver offerto, si narra, ombra a Federico II e alla sua corte, alla fine del XII secolo. Questo esemplare, davvero mastodontico, è un monumento della natura con i suoi oltre 700 anni di vita e la circonferenza del tronco di 4,25 metri. Si pensi che la sua splendida chioma copre una superficie di circa 700 metri quadrati!

Proseguendo, vicino alle marine (tra le vie Tricase-Tricase Porto e Tricase-Marina Serra) ecco un boschetto di Vallonee, accessibile da una strada di campagna asfaltata e abbastanza comoda. Estremo lembo meridionale del Salento è Santa Maria di Leuca, che ci accoglie con le sue coste rocciose. Qui, in determinate condizioni atmosferiche, è ben distinguibile la linea di demarcazione fra i due mari, Jonico e Adriatico, in cui si scontrano le correnti provenienti dal Golfo di Taranto e dal canale d'Otranto. Imperdibile una passeggiata sul lungomare di Leuca tra le ville ottocentesche e un'escursione in barca per ammirare, dal mare, lo spettacolo unico delle grotte. 

LE CANTINE:

DUCA CARLO GUARINI
Scorrano (Le)

MENHIR
Minervino di Lecce (Le)

CASTEL DI SALVE
Depressa di Tricase (Le)

PALAMA'
Cutrofiano (Le)